Ciao arbori-cultorə, stai leggendo Mangrovia, la newsletter mensile coltivata dalla redazione di Sineglossa. Qui, ogni mese, condivideremo una selezione di link, ricerche, approfondimenti, scoperte, letture, eventi, esperienze che hanno alimentato la nostra foresta di mangrovie. Tutto confezionato sotto forma di SEMI, GERMOGLI, LINFE e CHIOME.
In questo numero i SEMI nascono da rigenerazioni culturali tra Elcito e il Regno Unito, il GERMOGLIO cresce grazie ad una simbiosi e le LINFE scorrono verso il futuro con un evento in cui le opere sono dei cadaveri vaganti ed un podcast in cui le parole hanno dei poteri coinvolgenti. Se fin qui è andato tutto bene, otterrai delle bellissime CHIOME con la nostra recensione a La fine dell'amore. Amare e scopare nel XXI secolo di Tamara Tenenbaum.
Prima di proseguire, un suggerimento: ti invitiamo a leggere questa newsletter con il sottofondo musicale selezionato dall’ecosistema Sineglossa. Brani che ci colpiscono, ci entusiasmano, ci commuovono. Puoi trovarlo come playlist su Spotify qui.
Sei prontə a crescere la Mangrovia di febbraio? Ci vorranno 16 minuti.
🍃 SEMI
notizie che viaggiano, si diffondono e in-formano il nostro mondo, ovvero semi di notizie la cui radicale danza può iniziare, rimanendo in ascolto ed intercettandone il ritmo
“I believe in my community, not institutions. I believe in community’s ability to generate creative grassroots projects” così esordisce Hannah Taylor, artista performativa e direttrice de Asylum Artist Quarter CIC, nel TedX che si è tenuto a Wolverhampton, tre anni fa, dedicato alla rigenerazione su base culturale. Asylum è stato fondato nel 2014 da Corin Stephenson Salter in un magazzino abbandonato di Chapel Ash per dare la possibilità ad artisti locali e non di co-creare insieme con la comunità locale, intercettandone i bisogni e le narrazioni.
Come emerge dalle stesse parole di Hannah Taylor, rigenerare significa, infatti, “to invest in people and their ideas.” E cultura “the arts and other manifestations of human intellectual achievement regarded collectively, not individuals”. Quindi, rigenerazione culturale diventa “to create a family of cultural practitioners that exist in a common space with the responsibilities of a common ownership”.
Ci siamo imbattuti in questo discorso negli stessi giorni in cui nella nostra bolla marchigiana girava la notizia del nuovo Piano Particolareggiato del Centro storico di Elcito. Elcito è una frazione di San Severino Marche, in provincia di Macerata, altresì nominata il Tibet delle Marche o, come la definisce Loredana Lipperini in un articolo sul blog Lipperatura, “un nido d’aquila su uno sperone di roccia”. È proprio grazie a questo articolo in cui la giornalista dedica ampio spazio al comunicato stampa del Circolo Legambiente il Grillo di San Severino, che abbiamo appreso la notizia di un altro spazio pubblico venduto alla logica commerciale del turismo di massa.
Si legge di parcheggi nel cuore del castello, di silenzi interrotti dal rumore dei motorini, di speculazione edilizia e di restauri dai mille interrogativi.
Lo spopolamento, la povertà e il disuso: sono termini e concetti normalmente proposti con accezione negativa ma che ad Elcito hanno garantito la tutela del patrimonio naturale, preservando la frazione da quelle trasformazioni urbanistiche che inneggiano a nuovi e più moderni edifici a discapito degli antichi castelli e ville del territorio. Con il nuovo intervento urbanistico si dovrebbe conservare l’intento di tutela, come se si volesse il restauro di una preziosa opera d’arte, di un dipinto o di una scultura, ma alla fine il risultato è la salvaguardia del solo diritto al parcheggio.
Non tutte le modifiche dello spazio pubblico per quanto ben articolate mirano ad una tutela delle comunità che quello spazio lo abitano, lo generano e lo intessono di storie. Anzi, come abbiamo scoperto in un articolo di Ugo Morelli per doppiozero, dice bene Berque. Il geografo e orientalista francese conosciuto per la sua teorizzazione sul concetto di paesaggio, ne Pensare il paesaggio scrive:
“Non si è mai parlato così tanto di paesaggio come nella nostra epoca, non si sono mai avuti così tanti paesaggisti (nel senso qui di professionisti della pianificazione paesaggistica), non si sono mai pubblicati così tanti libri di riflessione sul paesaggio (e questo è l’ennesimo), in breve, non c’è mai stato un così intenso fiorire di pensiero del paesaggio…e, al contempo, non si sono mai devastati così tanto i paesaggi. [...] Più si pensa il paesaggio e più lo si massacra”.
È preservando insieme i supportive spaces ben descritti da Hannah Taylor che si può contribuire a generare e ri-generare spazi di prossimità e vicinanza “for the coming together of communities”.
🌱 GERMOGLI
parole che attecchiscono, creando immaginari futuri, scenari improbabili, dialoghi sintetici o dibattiti antitetici
“simbïòṡi s. f. [dal gr. συμβίωσις «convivenza», comp. di σύν «con, insieme» e βιόω «vivere» (der. di βίος «vita»)]. – 1. In biologia, termine generico per indicare vari modi di convivenza tra organismi di specie diversa, animali o vegetali, detti simbionti [...] 2. estens. e fig. Stretta unità, intima associazione, coesistenza e compenetrazione di fatti ed elementi diversi”.
Homo homini lupus direbbe il commediografo latino Pluto e poi La legge del più forte eccheggerebbe da un film western di George Marshall degli anni cinquanta. Viene tuttavia da chiedersi se la competizione, oggi, rimanga ancora l’unica e più preziosa cornice entro cui dipingere le relazioni tra gli esseri viventi. La risposta è datata 1986 e la si può ritrovare ne Microcosmo in cui la biologa americana Lynn Margulis insieme con lo scrittore Dorian Sagan afferma dirompente che
“la vita non prese il sopravvento sul globo con la lotta, ma istituendo interrelazioni”.
L’evoluzione come competizione violenta e ripetuta tra i singoli e tra le specie diventa così una distorsione temporale della teoria darwiniana della sopravvivenza del più adatto. La simbiosi seriale prende lentamente il suo posto, creando una crepa nella fortezza dell’evoluzionismo novecentesco ed offrendo un nuovo contenitore di idee e teorie privo di spigoli. Questo è uno dei grandi meriti della biologa americana: l’aver collocato alle origini della vita l’endosimbiosi, ossia una collaborazione.
Perché la simbiosi attecchisce oggi? La condivisione dello spazio e delle risorse degli esseri viventi ci consegna l’idea che la cooperazione sia qualcosa di generativo.
Il salto teorico di Margulis, infatti, non è proprio solo del campo biologico ma si ripropone nei più variegati ambiti. Nel mondo dell’arte, ad esempio, dove il concetto di genio solitario ed eroico “doesn't hold up to scrutiny” e sta consegnando il testimone ai collettivi artistici. Come evidenziato da Metalbel, nel 2015 Assemble vince il Turner Prize e non a caso, nel 2021, sempre il Turner Prize nomina ben cinque collettivi per la prima volta. O ancora nel mondo dell’economia: già dieci anni fa l’economista e politologo Jeremy Rifkin, con La civiltà dell’empatia, introduceva la necessità di un nuovo modello economico basato sulla cooperazione e la solidarietà. Questa esigenza si mostra, oggi, ancora più forte. In un’intervista per Bookcity Milano, sempre lo stesso Rifkin infatti afferma:
“Pensiamo che nell’epoca del progresso, ciascuno di noi sia un agente autonomo. Competiamo con gli altri, dobbiamo essere autosufficienti, dobbiamo costruirci le nostre vite e competere con gli altri a patto di non danneggiarli. Ma non è così che funzionano gli esseri umani. L’essere umano è un ecosistema”.
In una visione di vita in cui l’individualismo e la lotta hanno un ruolo secondario rispetto alla simbiosi come collaborazione, è possibile mettere in discussione il modello economico che proprio di quella narrazione è figlio, ossia il capitalismo. Laddove l’altro da noi non è più il nemico il rapporto può fondarsi sulla cura, o meglio, come sosterrebbe il filosofo tedesco Heidegger, su una cura come progettualità.
La cura che rivolgiamo al mondo diventa così una melodia progettuale d’insieme: esseri viventi che, collaborando, progettano per preservare l’insieme delle simbiosi che li caratterizza intrinsecamente, sin dall’origine della prima cellula.
🌿 LINFE
pillole di rinvigorenti simbiosi e contaminazioni, ovvero segnalazioni di eventi ed estratti di interviste che scorrono nel tempo, nutrendolo
“Tutti dovrebbero sempre raccontare la loro vita e scrivere diari immensi, anzi, tutti dovrebbero soltanto vivere, voglio dire sapere di vivere.”
[Da una foto della mostra “Ettore Sottsass. La Parola” per Triennale Milano, 2023]
Fino al 2 aprile, alla Triennale di Milano, è possibile visitare “Ettore Sottsass. La Parola”, una mostra che raccoglie tutte le volte in cui qualche forma di letteratura è entrata nel lavoro dell’architetto, designer e fotografo italiano. E che indaga il significato delle molteplici forme narrative che sono compagne di vita, sicuramente quella di Sottsass, ma anche un po’ della vita di tutti noi.
Come afferma il curatore della mostra, Marco Sammichelli, “non c’è asserzione in queste opere”. La raccolta visiva e narrativa è un percorso che si snoda tra più punti interrogativi, ovvero tra parole che diventano possibilità da abitare. L’opera Il pianeta come Festival del 1972, ad esempio, diventa il pretesto per chiedersi quanto un festival sia un momento di condivisione per fare festa e quanto lo sia, invece, per promulgare una protesta.
A proposito di forme narrative, di potere della parola e di come le storie accendono la nostra immaginazione, questo mese è uscito Fare un fuoco di Lucy- Sulla cultura, un podcast di cui ci siamo profondamente innamoratз.
“Le storie pongono le basi della nostra società, ci fanno vivere vite che non sono la nostra, ci permettono di abitare altri mondi, creano legami o magari li spezzano, ci intrattengono, ci emozionano, ci trasformano. Allora quand’è che è cominciato tutto questo?”
[Da “Quand’è nata la letteratura”, primo episodio di Fare un fuoco]
Un podcast che ci piace proprio perché disegna un percorso tra le varie forme del linguaggio umano, non solo la parola ma anche la pittura, o la musica, consentendoci di conoscere la storia dietro alle storie, come la recente scoperta dell’origine della musica. Scoperta che già un articolo di Claudio Tuniz aveva diffuso ma che questo podcast riesce a spiegare facendoci emozionare.
🌳 CHIOME
condivisione di rigogliosi saperi che ondeggiano, volano e ricadono
Per la seconda volta, a Natale, nell’ecosistema sineglossiano del Creative Ground in Via Marconi numero 41, è accaduto che dei libri siano stati regalati e dei pensieri donati o, meglio, dis-seminati grazie ad uno di quei giochi che, mai stanco o consunto, ogni anno torna in auge i primi dicembre: il Babbo Natale segreto. Grazie ad uno scambio che ha contaminato, succede allora che oggi un rigoglioso nuovo sapere sia pronto per essere raccontato e divulgato. La fine dell’amore. Amare e scopare nel XXI secolo edito da Fandango Libri è uno di quei saggi che raccoglie in modo organico e coerente pensieri che attraversano la mente alla fermata della metro, mettendo in luce come l’amore romantico altro non sia che il prodotto della soggettività moderna.
“La coppia è uno dei lavori richiesti dalla vita in una società capitalistica urbana” afferma la filosofa Tamara Tenenbaum, autrice del libro. La felicità di coppia è qualcosa da conquistare, proporzionale ai nostri sforzi, alla nostra volontà e alla nostra disponibilità emotiva.
Lo stesso desiderio di relazione amorosa diventa il frutto della propria storia e, allargando i confini, della struttura socio-economica in cui si vive. “Una delle parti che ho trovato interessante si trova all’inizio del saggio e riguarda la relazione che esiste tra le narrazioni di eroismo per le bambine e quelle per i bambini”. È stata Alessia Tripaldi, sociologa e co-fondatrice di Sineglossa, a ricevere il libro dal Babbo Natale segreto e non a caso, nel commentare il saggio, pone l’accento proprio sull’influenza che sin dalla prima infanzia, a livello sociale, viene esercitata sulla visione femminile dell’amore: “l’amore è l’unico motore per cui le eroine si ribellano e si mettono in cammino nelle favole”. L’invito di Tamara Tenenbaum è quello di farsi carico del proprio desiderio e delle proprie ribellioni, rivendicando la spettroscopia dei legami di cura. È così che:
“genereremo le condizioni materiali per poterci avvicinare agli altri con un approccio che non sia la competizione” poiché “la fine dell’amore romantico non dev’essere per forza, come si è storicamente pensato, la fine dell’amore”.
Tutt’altro, Alessia sottolinea proprio l’importanza della citazione del testo Polyamory in the 21st century: love and intimacy with multiple partners di Deborah Anapol nel saggio della filosofia argentina. Anapol scommette su un ecosistema plurimo di relazioni lavorative, amicali e familiari. È diminuendo il carico di significato attribuito alla coppia che, allora, potremo salvare l’amore.