Ciao arbori-cultorə, stai leggendo Mangrovia, la newsletter mensile coltivata dalla redazione di Sineglossa. Qui, ogni mese, condivideremo una selezione di link, ricerche, approfondimenti, scoperte, letture, eventi, esperienze che hanno alimentato la nostra foresta di mangrovie. Tutto confezionato sotto forma di SEMI, GERMOGLI, LINFE e CHIOME.
In questo numero i SEMI nascono da false claims che incontrano podcast, il GERMOGLIO cresce grazie alle parentele, le LINFE scorrono verso il futuro con radicali call for application. Se fin qui è andato tutto bene, otterrai delle bellissime CHIOME con la nostra proposta di lettura: The Mushroom at the End of the World di Anna Tsing.
Prima di proseguire, un suggerimento: ti invitiamo a leggere questa newsletter con il sottofondo musicale selezionato dall’ecosistema Sineglossa. Brani che ci colpiscono, ci entusiasmano, ci commuovono. Puoi trovarlo come playlist su Spotify qui. Dura il tempo di lettura più qualche sfizioso approfondimento.
Sei prontə a coltivare la Mangrovia di aprile? Ci vorranno circa 20 minuti.
🍃 SEMI
notizie che viaggiano, si diffondono e in-formano il nostro mondo, ovvero semi di notizie la cui radicale danza può iniziare, rimanendo in ascolto ed intercettandone il ritmo
Da poco la rivista Brookings ha pubblicato uno studio dal titolo Audible reckoning: How top political podcasters spread unsubstantiated and false claims in cui grazie a metodi analitici come NLP, machine learning e manual classifying, si è fatto luce sul ruolo che podcast famosi nel campo politico hanno nel diffondere notizie false o infondate. Dati alla mano, il fenomeno è straordinariamente diffuso nel 70% dei podcasters i quali, in almeno un episodio su 20, citano una fonte sbagliata. Mesti risvolti entrano in scena, scendendo nel particolare. Nello studio sono stati presi in considerazione due grandi eventi vissuti globalmente: le elezioni presidenziali americane del 2020 e i primi due anni della crisi pandemica da coronavirus. Ne emerge che in vista dell'attacco del 6 gennaio al Campidoglio, i podcaster politici hanno svolto un ruolo centrale nel seminare dubbi sulla sicurezza delle elezioni. Nel 28% degli episodi trasmessi tra le elezioni e il 6 gennaio erano presenti denunce di frode elettorale. E ancora, dallo studio risulta che il numero di affermazioni prive di fondamento legate alla pandemia si attesta intorno a un episodio su otto nel complessivo dei due anni pandemici. Dal grafico si può, in effetti, vedere l’alta percentuale di argomenti conspiracies da febbraio del 2020 sino a dicembre del 2021.
[FIG 13 da Audible reckoning: How top political podcasters spread unsubstantiated and false claims]
In un recente lavoro di data visualization di ourworldindata si è parlato dell’evoluzione delle principali tecnologie, comprese quelle dell’informazione:
it is easy to underestimate how much the world can change within a lifetime. Bringing to mind how dramatically the world has changed can help us see how different the world could be in a few years or decades.
Come sottolinea lo studio di Brookings, il problema sta nel modo in cui le principali app di podcasting (Apple, Spotify, Google) si sono sviluppate: non sono state progettate per facilitare il fact-checking e, mentre il mezzo continua a espandersi, si fa strada l’esigenza di una maggiore trasparenza e scrematura dei contenuti lawful-but-awful.
Il ciclo dell’hype (o dell’esagerazione) è una metodologia sviluppata dalla società di consulenza e analisi tecnologica Gartner per rappresentare graficamente lo sviluppo e l’adozione delle novità tecnologiche. Il ciclo consta di cinque fasi: l’Innesco iniziale, ovvero la presentazione della novità tecnologica, a cui segue l’interesse mediatico, grazie al quale si raggiunge il Picco delle aspettative esagerate, il momento di maggiore notorietà e ottimismo. Da qui si sprofonda nella Fossa della disillusione, quando la sperimentazione non produce i risultati sperati e il facile ottimismo lascia spazio alla delusione e all’abbandono. Si risale attraverso la Salita dell’illuminazione, quando i consumatori e gli investitori si rendono conto che la tecnologia può avere applicazioni in grado di renderla sostenibile anche economicamente, per arrivare all’Altopiano della produttività, quando la consapevolezza si diffonde e porta a un’adozione di massa.
La tecnologia può, quindi, radicalmente cambiare in una decina di anni, subire cicli di innesco e disillusione. In ogni caso, proprio per l’immenso potere che la tecnologia dell’informazione ha di influenzare scelte ed abitudini, we should all make sure that it changes it for the better. Come?
Il tema ci è molto caro e stiamo da tempo svolgendo delle ricerche a riguardo. Senza dubbio la domanda non coinvolge solamente gli addetti ai lavori ma riguarda un ampio e interdisciplinare raggio di soggetti agenti: ricercatorɜ, artistɜ, scienziatɜ, policy makers e cittadinɜ consapevolɜ di ciò che scelgono di ascoltare.
🌱 GERMOGLI
parole che attecchiscono, creando immaginari futuri, scenari improbabili, dialoghi sintetici o dibattiti antitetici
“parentèla s.f. [dal lat. tardo parentela, der. di parens -entis «genitore, parente»]. Il rapporto e il vincolo naturale che lega tra loro persone che discendono l’una dall’altra o da un ascendente o capostipite comune”.
In antropologia culturale e sociale, e nel linguaggio comune, la parentela può essere considerata come l’intreccio delle relazioni nate dai matrimoni, rinnovate dalle nascite, ricomposte dalle morti e modificabili anche grazie ad atti giuridici come nel caso dell’adozione. Se estendiamo l’ampiezza della parola fino ad abbracciarne il senso figurato, però, essere parenti è molto di più. È un rapporto di affinità tra cose, fatti ed elementi, tra quei caratteri che hanno una comune origine.
Tutte le creature condividono una carne comune, semioticamente e genealogicamente. [..] Il kin non è familiare (fuori da ciò che credevamo essere famiglia o generazione), è inspiegabile, perseguitante, attivo.
[D. Haraway, Anthropocene, Capitalocene, Plantationocene, Chthulucene: Making Kin, University of California, Santa Cruz 2015.]
Nel saggio Making Kin. Fare parentele e non popolazioni, riprendendo la celebre more than kin and less than kind dell’Amleto di Shakespeare, la filosofa e zoologa Donna Haraway, famosa per la sua teoria cyborg, pone proprio l’accento sull’urgenza e l’importanza del relazionarsi all’altro da sé stabilendo legami al di fuori di qualsiasi popolazione definita storicamente, socialmente o biologicamente. In questa cornice i batteri, i più grandi terraformatori sin dalla notte dei tempi, ovvero dall’ancestrale brodo primordiale, sono i migliori exempla di un nuovo modo di pensare e agire basato sulle inter-azioni. Come sottolinea la postfazione al libro di Adele Clark e Donna Haraway,
Making Kin ci porta fuori dai territori della ri-produzione, verso alleanze non familiaristiche e non speciste, non sanguinose perché non necessariamente di sangue.
È possibile ricucire la frattura sanguinante dell’Antropocene, quella tra uomo e natura, grazie a una costante pratica o making processuale e anti-produttivo che sostiene la vita in comune e le sue connessioni, parentela dopo parentela. Staying with the Trouble significa proprio essere presenti nelle connessioni “come creature mortali intrecciate in miriadi di configurazioni non finite di luoghi, tempi, materie, significati”. A partire dall’etimologia della parola trouble, infatti, Donna Haraway rivendica come nella nostra realtà ottusa, non sia necessario mirare a futuri salvifici o scongiurare quelli apocalittici, ma semplicemente stare per trasformare in the making.
Perché, quindi, parentela attecchisce oggi? Perché è una parola coraggiosa che ci spinge ad affrontare un’epoca confusa, di dolore e di gioia, vivendola nell’oggi grazie a tutti quei legami che si possono creare tra i corpi, ovvero con una giustizia che sia ambientale e multispecie.
La stessa bell hook, intellettuale afro-americana e attivista, nei suoi saggi dedicati all’educazione, nello specifico in Insegnare comunità. Una pedagogia della speranza, si sofferma proprio sull’importanza dell’insegnare le connessioni reciproche.
Sarà sempre più importante, persino necessario, essere consapevoli che siamo più delle nostre differenze, che non è solo ciò che condividiamo senza fatica che può unirci, ma ciò che arriviamo ad avere in comune perché ci siamo impegnati a creare una comunità.
Ovvero, le parentele. In questo le pratiche artistiche possono essere un tramite grazie al loro potere di dischiudere posizioni epistemologiche e liberare immaginari. L’arte sembra in grado di unire i corpi materici e le scissioni paradigmatiche dell’Occidente, superando tutte quelle rappresentazioni stereotipiche, speciste e razziste. Ce lo dimostra lo stesso lavoro dell’artista Valerie Tameu che, noi di Sineglossa, abbiamo ospitato per una residenza artistica la scorsa settimana. Puoi dare un’occhiata qui. Staying with the trouble si declina, quindi, nella stessa pratica artistica in grado di attivare nuove e bellissime alleanze postumane.
🌿 LINFE
pillole di rinvigorenti simbiosi e contaminazioni, ovvero segnalazioni di eventi ed estratti di interviste che scorrono nel tempo, nutrendolo
How does listening to the earth connect to the acts of listening to the body? […] How do we come to re-evaluate value, where capitalism is constantly assigning values to things irrespective of how the things themselves work? How do ‘rest’ and restoration in the body resonate to the ‘rest’ and restoration of our soils?
Per artistɜ, educatorɜ, operatorɜ socialɜ e designers che ci leggono, fino al primo maggio è possibile fare domanda per partecipare al Summer Camp for Radical Hope, una call lanciata da Open Set e Baltan Laboratories per ricercare collettivamente e in modo interdisciplinare nuove pratiche e forme di pensiero che uniscano ecologia, politica e società e possano rispondere alle sfide contemporanee, locali e globali. Saranno selezionate 20 persone che potranno soggiornare per 12 giorni presso Sengersbroek, una fattoria di 2,5 ettari situata ad Asten-Heusden, in Olanda. La fattoria offrirà non solo la cornice dell’esperienza ma l’esperienza stessa, in un contesto caratterizzato dalla relazionalità e dai legami tra più esseri viventi. Il Summer Camp è anche un’ottima occasione per fare network a livello europeo e conoscere voci innovative come quelle di Susan Shuppli, di Sandi Hilal e di Amenti, e si conclude con un open form project che sarà, poi, incorporato nella Dutch Design Week del 2023. C’è la possibilità di partecipare con una borsa che copra parte delle spese. Qui è possibile scaricare il PDF della call con tutte le istruzioni e informazioni dettagliate.
[una foto dalla fattoria che ospiterà il Summer Camp]
Cinque webinar completamente gratuiti sono invece disponibili grazie a Future DiverCities, un progetto europeo guidato da La Friche La Belle de Mai di Marsiglia e che coinvolge un consorzio di 13 partner. In nove città pilota europee (Berlino, Marsiglia, Atene, Firenze, Zagabria, Spalato, Liepaja, Kuopio, Timișoara), sulla base di tre temi (comunità, biodiversità e impermanenza), i valori ecologici saranno la guida per la rigenerazione di spazi urbani disabitati, vuoti o abbandonati.
Il ciclo di seminari è organizzato da due degli enti partner, Trajina e INNOCAMP, per diffondere conoscenza e capacity building su ciò che riguarda il riutilizzo artistico dei cosiddetti feral spaces in un’ottica che sia anche ecologica. I seminari iniziano il 21 aprile e si sviluppano fino al 10 maggio. Qui è possibile accedere al form per iscriversi e partecipare gratuitamente.
🌳 CHIOME
condivisione di rigogliosi saperi che ondeggiano, volano e ricadono
E se Sineglossa fosse un personaggio fantastico? Sarebbe una maga cantastorie nomade che si prende cura dei villaggi, un essere con tre teste e delle zampe da leone che vive in un corso d’acqua o forse una creatura molto cerebrale e antica che impollina e innesca cambiamenti. Durante un team building interno di Sineglossa, abbiamo utilizzato una metodologia della Scuola Open Source, prodotta durante un campus estivo nel 2021, per immaginare la nostra organizzazione come un personaggio fantastico, soffermandoci sui suoi punti di forza e sui suoi punti di debolezza.
Possiamo ben dire che Sineglossa come essere vivente respira e si nutre grazie a contaminazioni, a voci plurali, a perturbamenti e a inter-scambi porosi. Tra questi vi sono i contributi deɜ ragazzɜ che ogni anno, grazie al Servizio Civile, hanno l’opportunità di entrare a far parte dell’ecosistema Sineglossa, formandosi e in-formandosi, in uno scambio duplice e fluido che arricchisce entrambe le parti. È proprio Giulia Melchionda, laureata in Enviromental Humanities alla Ca’ Foscari di Venezia, e futura volontaria del Servizio Civile presso Sineglossa, a proporre il libro-chioma di questo mese, The Mushroom at the End of the World dell’antropologa Anna Tsing.
Mi sono avvicinata alle sue teorie tramite il Feral Atlas su cui durante il percorso universitario ho lavorato più volte. Nel Feral Atlas viene introdotto il tema della feralità, ovvero della potenza che elementi e creature più-che-umane hanno di divincolarsi dalle aspettative umane di controllo e dominio. È importante capire che ogni elemento ha un’imprevedibilità che restituisce ad ogni creatura il proprio libero arbitrio.
Il percorso dell’antropologa americana, in effetti, si sviluppa proprio sulla base di uno studio che comprende gli esseri più-che-umani, le forme di collaborazioni a cui non siamo soliti volgere lo sguardo e quegli “individui politicamente non rilevanti” come i funghi. “Mentre la contaminazione cambia progetti di creazione di mondi, possono emergere mondi reciproci, e nuove direzioni. Tutti hanno alle spalle una storia di contaminazione. La purezza non è un’opzione disponibile” afferma Tsing nella sua antropologia basata sulle contaminazioni viventi. E nel documentario di Louis Schwartzberg, Fantastic Fungi, Paul Stamets, micologo in Nord America, afferma qualcosa di molto simile quando dice: “Mushroom mycelium represents rebirth, rejuvenation, and regeneration”.
Anche Giulia lo ribadisce: “personalmente penso che sia un grande insegnamento: focalizzarsi sull’infinitamente piccolo (come le spore di un fungo) e saperlo collegare al contesto globale, perché dimensioni globali hanno sempre radici geograficamente/politicamente specifiche. Il fungo e lo studio portato avanti in The Mushroom at the End of the World mi ha restituito un po’ di speranza […] per vivere malgrado il capitalismo. Qui poi c’è un passaggio che mi piace molto:
Quando mi slogo una caviglia, un bastone robusto può aiutarmi a camminare, e ricorro alla sua assistenza. Diventa così un incontro in movimento: una donna con bastone. Mi è difficile pensare di affrontare qualsiasi sfida senza ricorrere all’assistenza di altri, umani e non umani. È un privilegio naturale quello che ci permette di fantasticare - in modo controfattuale - che ciascuno di noi sopravviva da solo
L’arboricultura è completa. Una Mangrovia è cresciuta nella tua casella di posta elettronica.
Leggendo tra semi, linfe, chiome e germogli, ti è venuta in mente una connessione che possiamo approfondire per il prossimo numero? Scrivici nei commenti o inviando un messaggio a sofia.marasca@sineglossa.it
A presto